2.500 anni fa, nell’antica Grecia, gli isolani di Chio avevano un segreto che custodivano gelosamente: quello di tenere l’uva per qualche giorno in mare ed eliminare la sostanza cerosa esterna, detta pruina, per avere poi un appassimento più veloce e riuscir a far mantenere al vino aromi e sostanze.
Gli antichi romani mescevano vini salsi, in cui le uve essiccate al sole venivano miscelate con acqua marina, per accelerare la maturazione e prevenire l’acetificazione. In tempi più moderni si sono diffuse leggende su bottiglie intatte recuperate dai relitti di navi affondate, che si dice avessero sapori unici.
Molti degli attuali produttori citano in effetti questi ritrovamenti di bottiglie di vino intatte nei siti dei relitti come ispirazione, in particolare la scoperta del 2010 di 168 bottiglie di Champagne a bordo di un naufragio del XIX secolo nel Mar Baltico. Alcune di queste bottiglie di 170 anni erano effettivamente bevibili (la National academy of Sciences ha certificato la bevibilità a livello organolettico), pur conservando una leggera schiuma, con una bottiglia di Veuve Clicquot venduta per ben 15.000 euro all’asta.
- Differenza di pressione La profondità di immersione genera una pressione dall’esterno verso l’interno della bottiglia (sul tappo) un fattore difficilmente riproducibile sulla terraferma che migliora il processo di affinamento. - Correnti armoniche La tecnica del remuage prevede la rotazione periodica delle bottiglie. Le correnti generano un dondolio armonico che simula questa procedura. - Temperatura costante Le acque superficiali galleggiano su quelle profonde, le quali si mantengono con una temperatura che subisce poche variazioni stagionali: un impianto di climatizzazione naturale. - Assenza di luce Le profondità garantiscono una bassissima penetrazione della luce e protezione dai raggi UV.