Champagne Underwater - 52 sul Corriere Vinicolo

Champagne Jamin sul corriere vinicolo

Il Vino si fa "anche" in acqua!

Champagne underwater di Jamin portofino

Mare e ChampagneNel mondo degli “undersea wines” c’è un’altra esperienza che sta facendo parlare di sé, è quella di Jamin Portofino Srl e unisce di nuovo lo Champagne con il mare, ancora una volta in Liguria ma appunto a Portofi-no. Tra l’altro Emanuele Kottakis, uno dei soci fondatori di Jamin, è amico di Gianluca Grilli e, come lui, viene da un altro mondo rispetto all’agri-coltura. “Mi occupo di creare gruppi, fare network, e ho cer-cato di farlo anche in questo caso – ci racconta Kottakhs, di origini greche ma italianissi-mo -, l’ambizione massima era costituire un consorzio seb-bene sia consapevole che tu-telare qualcosa che non è una denominazione non è pratica-bile. Sono partito con Gianluca (Tenuta del Paguro, ndr) e ora siamo arrivati a formare un gruppo di lavoro internazio-nale che si confronta mensil-mente mettendo in comune dati ed esperienze. Le differen-ze sono enormi, dai vitigni alle fasi di affinamento ai territori, ognuno ha il suo proprio risul-tato e alla domanda se si possa dire che il vino migliora la ri-sposta è stata che non in tutti i casi sicuramente migliora, ma in tutti i casi sicuramente è differente, questa è la chiave per noi. Lo scopo è poi anche quello di riuscire ad arrivare a un manuale/documento che definisca cosa significa fare un prodotto vinicolo in mare o nei laghi, cercando di esclu-dere chi interpreta la cosa solo come produzione di souvenir. Chi fa vino in mare si divide in due - specifica Kottakhs - al di là delle mille differenze c’è chi guarda cosa succede fuori e chi guarda quello che succe-de dentro la bottiglia, il nostro obiettivo è dare attenzione ad entrambi gli aspetti”.Ecco, nel vostro caso, di che bot-tiglia parliamo e cosa succede al suo interno? “Jamin nasce da tre soci fondatori autofinan-ziati come start up innovativa, l’idea era quella di intervenire sul metodo classico, per farlo ci siamo rivolti a due grandi pro-duttori italiani che però non erano interessati, così siamo andati in Champagne. Abbia-mo immerso le nostre 3.000 bottiglie nell’area marina pro-tetta di Portofino presentando i primi risultati a fine 2018, al settimo anno dall’inizio degli studi. I risultati sono stati così interessanti anche a livello di mercato che siamo diventati distributori di noi stessi. Tor-nando alla bottiglia quello che è evidente dopo l’affinamento in mare è una maggiore inte-grazione dell’anidride carboni-ca, un perlage finissimo, oltre a un potenziamento e una ac-celerazione dell’evoluzione. Ma non si tratta solo di evoluzio-ne, l’elemento di rottura è che mentre faccio questo viaggio nel tempo riesco anche a sta-bilizzare e performare la pres-sione interna e la finezza dell’a-nidride carbonica, che invece fuori dall’acqua con il tempo va a diminuire”. E come si ar-riva a questo risultato? “Grazie ad una precisa strategia fatta di compensazione di masse energetiche, equipollen-za isobarica, analisi degli ultravioletti e delle temperatu-re ad esempio. Il nostro è un pro-cesso che si basa sull’ana-lisi della colon-na d’acqua pre-sente nell’area e non replicabile in altre zone, nel fondale scelto non c’è ultravioletto, c’è una temperatura costante di 13-14 gradi, una corrente da 437 herz a bassa intensità che culla e muove la massa interna del-le bottiglie e, soprattutto, a 52 metri di profondità abbiamo trovato la perfetta equipollenza a livello di pressione con i 5,7/7 bar normalmente presenti in una bottiglia di Champagne e in corretta energia con la no-stra (circa 6 bar). Trattandosi a tutti gli effetti di Champagne, anzi possiamo confermare di essere i primi nella storia ad utilizzare la dicitura ‘underwa-ter’ su una etichetta di Cham-pagne, immergiamo le bottiglie con un tappo tradizionale in sughero. A tutela della salute abbiamo applicato però una capsula in ceralacca e resina di gomma, ovvero un tappo-filtro che è parte del nostro brevetto, che blocca l’ingresso dei micro-organismi ma consente la mi-cro-ossigenazione, per quanto a quelle profondità di ossigeno ce n’è poco ed è un bene. I proble-mi tuttavia non sono finiti qui, nella prima riemersione sono scoppiate 1.000 bottiglie perché il cambio di pressione è stato troppo repentino, oggi il pro-cesso è suddiviso in tre giorni con tappe decompressive simili a quelle che servono ai sub”. Un processo ricco di spunti quello di Jamin Portofino, che sembra stia incontrando l’interesse di alcuni produttori di altre zone vinicole italiane, Bolgheri nel-lo specifico, ed estere, ancora Francia ma con due nuovi pro-dotti diversi tra loro.


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